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#TiPortoAlMuseo: Il Museo del Babbo Natale di Borghetto di Borbera

In Italia lo conosciamo come Babbo Natale . Nei paesi anglofoni è Santa Claus. Per i francesi invece è Pere Noel. In Germania è noto anche come Weihnachtsmann (l'uomo del Natale). La lista di nomi attribuiti è piuttosto lunga. Ma quale è la sua storia? Un museo in provincia di Alessandria la racconta esponendo oltre 650 esemplari di Babbi Natale di ogni tipo, provenienti di tutto il mondo.  MUSEO DEL BABBO NATALE, DETTAGLIO DELLA COLLEZIONE La sua origine storica è legata a doppio filo alla vita del vescovo di Myra, meglio noto per la tradizione cristiana come San Nicola . Vissuto nel IV secolo nei territori dell'attuale Turchia, diviene leggendario per azioni particolarmente compassionevoli. La leggenda lo vuole protagonista della salvezza dal mestiere di meretrici di tre giovani ragazze. Egli avrebbe abbandonato segretamente in casa delle fanciulle sufficienti quantità di denaro affinché il padre disponesse di una dote per darle in sposa. SAN NICOLA DI BARI , DIPINTO DI AMBIT...

5 Opere d’Arte sul Natale nei Musei Italiani



Il Natale nella storia dell'arte è sempre stato un soggetto prediletto dagli artisti nel corso dei secoli. In questo articolo vogliamo proporvi cinque opere custodite all'interno dei musei italiani che raccontano la Natività, l'Adorazione dei Magi e l'Adorazione dei Pastori attraverso stili differenti: dal ricco Gotico Internazionale di Gentile da Fabriano alla celebre rappresentazione di Giotto nella Cappella degli Scrovegni, giungendo fino al realismo Caravaggesco, alla pala seicentesca di Rubens e infine al capolavoro fiammingo di Gherardo delle Notti.



GENTILE DA FABRIANO
Adorazione dei Magi (1423)


Al termine di un lungo viaggio i Magi giungono al cospetto del Bambino appena venuto al mondo guidati dalla stella cometa e si prostrano ai piedi della Sacra Famiglia offrendo doni preziosi. Abbigliati con vesti straordinariamente ricche e alla moda, i Magi sono accompagnati da un corteo multietnico, di cui fanno parte anche animali esotici, che sottintendono la loro provenienza dal lontano Oriente. Il viaggio dei Magi è narrato in tre distinti episodi sullo sfondo della composizione all'interno delle tre arcate della cornice. La pala d'altare è completata da una predella con storie dell'infanzia di Cristo: da sinistra la Natività, la Fuga in Egitto e la Presentazione al Tempio; lo scomparto con la Presentazione al Tempio è una copia moderna dell'originale, conservato al Museo del Louvre a Parigi. Il dipinto fu commissionato dal ricco banchiere e raffinato amante delle arti Palla Strozzi per la cappella di famiglia situata nella sacrestia della chiesa di Santa Trinità a Firenze. La tavola costituisce il capolavoro dell'artista, il più importante esponente del Gotico Internazionale in Italia, che dimostra una straordinaria padronanza tecnica nell'impiego di particolari lavorazioni, come attesta la cospicua quantità di foglia metallica, sbalzata parzialmente a rilievo per conferire tridimensionalità ad oggetti come gli speroni del cavaliere o l'elsa della spada. Nella predella, al posto del fondo oro di tradizione medievale, le scene presentano invece il cielo azzurro, indice dell'interesse per la natura e dell'incipiente affermazione dei canoni culturali ed estetici di quello che sarà il Rinascimento.


GIOTTO
Natività di Gesù (1303-05)


Entrando nella Cappella degli Scrovegni a Padova non si può non restare ammirati dinanzi al meraviglioso ciclo di affreschi che riveste l'ambiente, realizzato da Giotto tra il 1303 e il 1305 circa. Fra questi, le Storie di Gesù, che ornano il registro centrale superiore della parete alla destra dell'altare e di cui fa parte la Natività. Per quest'ultimo riquadro, Giotto si ispirò a varie fonti, tra cui i Vangeli, il Protovangelo di Giacomo e la Leggenda Aurea di Jacopo da Varazze. L'ambientazione è costituita da un sito roccioso, un contesto bucolico, in cui si stagliano armoniosamente le figure di Maria e Gesù, affiancate da un personaggio la cui presenza all'interno di scene rappresentanti la Natività è alquanto insolita: una levatrice colta nell'atto di aiutare Maria a deporre Gesù, già fasciato, all'interno della mangiatoia. Il terzo personaggio su cui tende a cadere lo sguardo è Giuseppe, immortalato nella zona inferiore dell'affresco: sul suo volto si nota immediatamente un'espressione sognante, dovuta all'incredulità di tutto ciò che sta accadendo intorno a lui in quel momento. Sul lato sinistro sono schierati il bue e l'asinello, rivolti verso Maria e il Bambino, mentre specularmente, sulla destra, due pastori di spalle vengono colti nel momento in cui un angelo annuncia loro quanto sta accadendo. Originale è il taglio prospettico dell'architettura, capace di rinnovare la statica tradizione bizantina dell'iconografia. Inoltre, la solidità delle figure, soprattutto quella della Madonna e di Giuseppe, richiamano i modelli scultorei di Giovanni Pisano. Lo stesso uso dei colori sottende un significato più profondo: l'azzurro lapislazzulo del manto di Maria simboleggia la Grazia divina, mentre il rosso di cui la veste è composta ricorda il sangue di Gesù che verrà versato per l'umanità e il dolore che dovrà sopportare. Il giallo di cui è vestito Giuseppe evoca invece che proprio lì, in quella stalla, è appena avvenuto un cambiamento epocale, che trasformerà la storia e il destino dell'uomo.


CARAVAGGIO
Natività con i santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (1600)
Oratorio di San Lorenzo, Palermo (opera trafugata)


Nella cornice dell'Oratorio di San Lorenzo a Palermo, arricchito dalle decorazioni di Giacomo Serpotta, campeggia uno spazio vuoto (adesso occupato da una copia fotografica dell'opera) lasciato da uno dei capolavori della pittura di Michelangelo Merisi. Il dipinto fu infatti trafugato nel 1969 e non si è mai ritrovato. Giovan Pietro Bellori, insieme ad altri biografi dei secoli passati, aveva sostenuto che la l'opera era stata commissionata nel 1609 dalla Compagnia dei Bardigli e dei Cordiglieri, ipotizzando un presunto soggiorno palermitano del pittore. Ma di questa commessa non esistono documenti. Per di più, dal confronto con i quadri eseguiti in Sicilia nello stesso anno a Messina e Siracusa si notano differenze stilistiche così evidenti che si sta facendo sempre più strada l'ipotesi che questo quadro sia stato dipinto nel periodo romano e dunque intorno al 1600. La tela rappresenta un presepio secondo la tradizione classica, completo di bue e asinello, ma con tutte le caratteristiche che il Caravaggio aveva fatte proprie e che pur nel clima della Controriforma avevano dimostrato la sua genialità. Si nota però un anacronismo: l'artista mette insieme personaggi vissuti in epoche diverse: San Lorenzo, San Francesco, forse San Giacomo, insieme a Maria, Gesù bambino e un (improbabile) San Giuseppe, di spalle e vestito secondo l'uso dell'epoca del pittore. Non siamo in una realtà celestiale, ma in una umile stalla quasi a ricordare che il magnifico evento dell'incarnazione avviene al di fuori di ogni tempo, qui e ora per le persone che vogliono accoglierlo e che sono le semplici e povere persone del popolo, in una rappresentazione realistica e non idealizzata. Vi è poi un forte contrasto tra la nuda inerme povertà del bambinello e gli altri personaggi che vestono secondo la propria condizione: la Madonna è una donna del popolo; San Lorenzo veste la dalmatica dei diaconi e tiene in mano la graticola sulla quale, secondo la tradizione, sarebbe stato martirizzato; San Francesco invece, lontanissimo dal poverello d'Assisi, è un frate conventuale della fine del XVI secolo; e lo stesso San Giuseppe è un uomo brizzolato senza età. Infine, il vecchio sulla destra, più che un pastore sembra ricordare un pellegrino e per questo è stato identificato anche come un San Giacomo pellegrino.


RUBENS
Adorazione dei pastori (1608)


L'Adorazione dei pastori è l'ultima opera realizzata in Italia da Rubens, appena prima del suo ritorno in patria nel 1608. È il suo addio a un periodo esaltante vissuto tra quelle esperienze uniche che segnarono in maniera indelebile la sua formazione. Grandiosa per dimensioni e per invenzione, l'opera è dipinta a lume notturno, con lampi di colore e luci argentate che emergono dal buio a illuminare protagonisti e dettagli. Essa proviene dalla Cappella Costantini nella Chiesa di San Filippo, per la quale era stato commissionato, come documenta la corrispondenza tra il padre generale degli Oratoriani a Roma, Flaminio Ricci, e il padre oratoriano di Fermo, Francesco Francellucci. Il Bambino, realizzato con pochi e diluiti tratti di getto, appare quasi una macchia di luce che irradia tutto il quadro. Accanto alla Vergine, sul lato opposto, ugualmente in primo piano, si staglia la figura maestosa e protagonista del pastore ammantato di rosso, inginocchiato in posa classica, che con la sinistra indica Gesù e con il volto si rivolge al pastore alle sue spalle. Questo si copre gli occhi, abbagliato dalla troppa luce. Dalla parte opposta una vecchia si prostra in adorazione: i suoi tratti rugosi sono un evidente citazione da Caravaggio. L'opera si ispira liberamente alla pala dello stesso soggetto di Correggio, detta La Notte, che Rubens aveva potuto vedere direttamente nella Chiesa di San Prospero a Reggio Emilia, oggi a Dresda. Alla tenerezza di Correggio però viene sostituita una carica di energia catalizzante che pervade tutta la scena. L'influenza di Rubens, testimoniata da opere come questa, sulla generazione più giovane sarà un fenomeno essenziale per la nascita del Barocco.


GHERARDO DELLE NOTTI
Adorazione dei Bambino (1619-20)
Gallerie degli Uffizi, Firenze


L'olandese Gerrit van Honthorst, conosciuto in Italia come Gherardo delle Notti, per le caratteristiche ambientazioni a lume di notte delle sue composizioni, aveva subito l'influenza di Caravaggio, da lui conosciuto a Roma nei primi decenni del Seicento. Durante questo soggiorno italiano, l'artista entrò in contatto con il granduca Cosimo II de' Medici che nel 1620 acquistò da lui alcune opere tra cui probabilmente questa. La luce divina che sprigiona il bambino rende ogni tratto più dolce e soffuso, accarezzando in particolare il volto della Vergine. Sulla parte destra della tela, San Giuseppe si appoggia al suo bastone contemplando il Bambino con un'espressione mista di amore e gioia. Lo sguardo dei due angioletti a sinistra è colmo di umanissima commozione: il tenero rossore delle guance e la cascata di riccioli morbidi donano ancora più naturalezza ai loro volti fanciulleschi. I sorrisi sono spontanei come quelli di bambini ritratti dal vero, con tutta probabilità appartenenti ai garzoni di bottega che i pittori utilizzavano frequentemente come modelli. Anche il San Giuseppe sembra un ritratto dal vivo: il volto, su cui spicca una folta barba brizzolata, è segnato dalle rughe che tradiscono l'età più avanzata rispetto a quella della Vergine e la fatica del mestiere di artigiano.


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