Nel nord est della Basilicata, all'interno di un imponente Castello, un museo narra la storia di un territorio. Si tratta del Museo Archeologico Nazionale del Melfese che presenta l'importante documentazione archeologica rinvenuta nel comprensorio del Vulture-Melfese. Tra le opere più significative spicca lo splendido Sarcofago di Rapolla in marmo bianco e di proporzioni imponenti.
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SARCOFAGO DI RAPOLLA |
La città di Melfi è tra le più storiche della regione. Sebbene la sua fondazione sia di ignota datazione, antiche popolazioni preromane, Dauni e Lucani, lasciarono nel comprensorio del Vulture-Melfese tracce del loro passaggio, in particolar modo a carattere funerario. Con i Normanni e successivamente con gli Svevi la città assunse un ruolo centrale nella regione. Amante della caccia, ampiamente praticata in queste zone, Federico II scelse come residenza il Castello di Melfi, dopo averlo ampliato e ristrutturato. Da qui nel 1231 promulgò le Constitutiones Augustales, dette anche Costituzioni melfitane: il primo rivoluzionario testo organico di leggi civili e penali redatto in epoca medioevale.
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CASTELLO DI MELFI |
Il Castello, dal fascino rimasto inalterato anche in virtù della sua posizione dominante e maestosa sulla vallata, è costruito su una piattaforma di lave e fatto della stessa pietra. È oggi sede del Museo, le cui raccolte illustrano la vita, le credenze e i costumi delle popolazioni che hanno frequentato queste fertili terre dalla protostoria fino all'età romana. Il Museo è intitolato all'archeologo Massimo Pallottino (1909-1995), tra i maggiori specialisti dell'Italia preromana, unanimemente considerato il fondatore della moderna etruscologia.
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INTERNO DEL MUSEO |
Tra le opere più significative spicca il Sarcofago di Rapolla, così denominato dal luogo in cui avvenne il ritrovamento, nel 1856, lungo il tracciato dell'antica via Appia a pochi chilometri da Melfi. È in marmo bianco e di proporzioni imponenti, opera di maestranze dell'Asia Minore. Sul coperchio una giovane donna di bell'aspetto giace distesa sul suo letto, raffigurata come se fosse addormentata. Ai suoi piedi un cagnolino, di cui rimangono solo le zampe. Vicino al capo si trova un amorino con in mano un festone di fiori e nell'altra mano una fiaccola rivolta verso il basso, in un atteggiamento che nell’iconografia funeraria romana allude alla morte. L'acconciatura, tipica delle donne vissute all'epoca degli imperatori della dinastia Antonina, ha permesso di datare il monumento in epoca romana e più esattamente alla seconda metà avanzata del II secolo d.C. L'ipotesi da alcuni avanzata di attribuire il sarcofago a Emilia (100 a.C. circa – 82 a.C.), figlia del patrizio Marco Emilio Scauro, una delle personalità politiche più influenti della tarda Repubblica, non appare credibile, anche in virtù della cronologia attribuita al monumento.
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SARCOFAGO DI RAPOLLA, PARTICOLARE |
Il Museo Archeologico Nazionale del Melfese è dunque uno dei siti museali più importanti della regione. La città di Melfi e il suo Castello sono inoltre una meta da non perdere per un viaggio in Basilicata.
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